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Terzo genitore, il suo ruolo nella relazione con i nostri figli

Sempre più si vanno diffondendo le cosiddette famiglie allargate: famiglie che nascono dall’unione di due individui che, o solo uno o entrambi, hanno figli da relazioni passate; ciò significa che un crescente numero di bambini e ragazzi convive con un adulto differente dal genitore biologico e, magari anche, con i figli di questo e/o con i figli nati dalla nuova unione.

Una definizione

Dalla notte dei tempi, il/la nuovo/a compagno/a di mamma e/o di papà sono stati sempre definiti come “patrigno e matrigna”, ma, complici i racconti fiabeschi in cui il patrigno e la matrigna fanno spesso la parte dei cattivi, si è andati alla ricerca di una nuova definizione, di un nuovo nome da dare a queste figure. Di tutte quelle date, in realtà non moltissime, due sono quelle che prediligo: quella di “genitore sociale” e la definizione data dalla dott.ssa Anna Oliverio Ferraris di “terzo genitore”; nell’omonimo libro, la Oliverio Ferraris intravede, dietro alla difficoltà sociale di trovare e utilizzare un nome adeguato al/alla nuovo/a compagno/a, un rifiuto inconscio di accettare, non tanto il divorzio, quanto le conseguenze che esso comporta.

L’accettazione del terzo genitore 

L’adulto nuovo che entra nella famiglia deve essere accettato dai figli e la migliore strategia per arrivare a questo pare essere quella di non tentare di controllare subito il comportamento del bambino/ragazzo, ma di cercare di stabilire con lui un rapporto e di sostenere il genitore nel suo ruolo parentale. Influisce molto in questo senso l’età del figlio: l’accettazione di una nuova figura avviene più facilmente per i bambini molto piccoli e per i post-adolescenti, quando invece il figlio ha 4/5 anni o è in età adolescenziale, emergono maggiori difficoltà. Naturalmente la buona riuscita dell’operazione “accettazione” dipende molto dalle capacità degli adulti coinvolti che devono essere in grado di tenere in equilibrio il passato con il presente: il passato non può essere ignorato, ma non può nemmeno dominare il presente. Chiedere a un bambino di rinunciare al suo affetto per il padre o per la madre è uno degli errori più grossi che si possano fare, è invece importante che il/la nuovo/a compagno/a, insieme alla madre e al padre, incoraggino il legame con l’altro genitore, poiché la relazione con il padre o la madre non esclude un legame con patrigno o matrigna.

Naturalmente le variabili in gioco in situazioni di questa natura, coinvolgendo diverse persone, sono parecchie e possono pregiudicare la buona riuscita dell’accettazione delle nuove figure.  In virtù di questo si consiglia sempre un periodo di prova/rodaggio (per la nuova coppia) prima di compiere passi importanti quali il matrimonio o la nascita di un figlio e di rispettare i tempi di ognuno affinché i cambiamenti e la reciproca conoscenza avvengano naturalmente.

Matrigna, patrigno: figure identiche ma con ruoli diversi

L’ingresso nella vita di un bambino/ragazzo di una nuova figura, abbiamo visto, non è esente da difficoltà, ma diverso è se si tratta di matrigna o di patrigno. Se un uomo infatti può “rimanere fuori”, in misura maggiore o minore, dalle questioni che riguardano l’organizzazione e l’andamento della casa, per una donna è quasi impossibile, poiché, ancora oggi, queste questioni sono prettamente appannaggio delle donne; questo poi maggiormente si concretizza se i figli sono domiciliati presso l’abitazione del padre e quindi la loro permanenza presso l’abitazione paterna e quantitativamente superiore rispetto a quella materna.

In una condizione come questa la donna può trovarsi a dovere affrontare situazioni estremamente delicate, ed è nel cercare di risolvere al meglio  il tutto, che la donna può provare sentimenti di frustrazione, di stanchezza, di inutilità; in questo scenario diventa fondamentale l’atteggiamento e la più o meno presenza del compagno, nonché padre dei bambini. Se il sostegno reciproco è fondamentale nelle famiglie intatte, diventa imprescindibile all’interno delle famiglie ricostruite dove la figura femminile non è il genitore biologico.

Il successo delle famiglie ricomposte può essere compromesso da una serie di “sfide”o problemi che si presentano quando le aspettative e le immagini ideali che ognuno ha di sé e degli altri si confrontano con la realtà dei fatti. Al di là quindi di quelle che sono le aspettative e i desideri, risulta fondamentale non distaccarsi mai dalla realtà per evitare di avere delusioni e di essere disillusi.

Il terzo genitore: diritti e doveri

Trattandosi di un adulto che diventa presenza costante nella vita dei nostri figli, ha senso, anziché ostacolarne i compiti, comprendere quali sono i diritti e i doveri che il terzo genitore ha e capire che la sua presenza può rappresentare per tutta la famiglia un plus. Capita spesso di sentire persone adulte riferirsi al/alla proprio/a compagna, o a quelli dell’ex, come figure che non hanno alcun diritto né alcun dovere rispetto ai bambini/ragazzi. Trovo che questa affermazione sia parecchio lontana dalla realtà e ho la sensazione che venga detta più con altri intenti. 

Nella vita quotidiana i nostri figli interagiscono in modo significativo con diversi adulti (a scuola, a catechismo, se praticano uno sport, se prendono lezioni di qualunque genere…) e penso di poter affermare con assoluta certezza che ciascun genitore pensi che questi adulti abbiano assolutamente diritti e doveri nei confronti dei propri figli: auspichiamo siano delle persone per bene, con una buona morale, che abbiano un condotta positiva (educati, non aggressivi, coinvolgenti, solari…) così da poter essere modelli di riferimento positivo. Mi domando allora, come in virtù di ciò, si possa asserire che il/i terzo/i genitore/i, con cui i nostri figli trascorrono molto più tempo che con l’istruttore di nuoto, non abbia diritti e doveri. Nel suo interagire con i figli, nel trascorrere con loro del tempo in un contesto come quello abitativo, in cui ci spogliamo di tutti i condizionamenti sociali, mostrandoci nella nostra autenticità, il terzo genitore diventa inevitabilmente portatore di diritti e doveri. La sua condotta rispetto agli eventi familiari (se è una persona tranquilla, piuttosto che aggressiva, se è una persona espansiva, piuttosto che riservata, se è una persona con dei valori morali, una coscienza e capacità empatiche o meno) trasmette qualcosa ai figli; la modalità di gestione della loro presenza in casa, delle loro vicende (l’andamento scolastico, la relazione con l’altro genitore, le amicizie…), la qualità della relazione che il terzo genitore ha instaurato con la loro madre o il loro padre, sono tutti aspetti attraverso i quali, volente o nolente, il terzo genitore contribuisce a crescere (con le parole e con l’esempio) i ragazzi.

Il terzo genitore: una risorsa

Assodati e riconosciuti diritti e doveri del terzo genitore, in una prospettiva di benessere ed equilibrio, potrebbe avere senso per tutti, riconoscere questa figura come una risorsa, come un aiuto in più nella gestione dei figli (malattie, uscite/entrate a scuola, aiuto nello studio…); una persone che offre il suo punto di vista, delle soluzioni e che sostiene nei momenti di difficoltà, oltre che una persona che, anche da un punto di vista materiale (economico e non solo), può dare il proprio contributo.

Anche a livello giuridico, presa coscienza del significato e del ruolo anche all’interno della società, non solo delle singole famiglie, dei cosiddetti genitori sociali, si è di recente presentato al senato un disegno di legge in cui si tenta di dare disciplina giuridica a tutti quei casi in cui un minore si trovi a vivere, oltre che con il genitore biologico, con un altro adulto di riferimento.

Soltanto andare a parlare con gli insegnanti, organizzare un viaggio o portare il bambino dal medico o a fare gli esami del sangue, per il genitore sociale è un problema. In Italia non siamo abituati alla compresenza di due diverse figure genitoriali, tant’è che le ricerche sul tema sono quasi tutte straniere. Sono in parecchi però ad essere convinti che i ragazzi con famiglie separate vivano in maniera normale il rapporto con il genitore acquisito, che anzi considerano un arricchimento relazionale.

Attraverso l’istituto della delega della responsabilità genitoriale il ddl consente al compagno o alla compagna del genitore biologico di assumere rispetto al bambino alcuni diritti e doveri che gli siano espressamente “delegati” dal/dai genitori naturali, in virtù di un atto che viene autorizzato dal Tribunale poiché risponde all’interesse del minore.